Festa Grande d'Aprile, la Liberazione tra storia e presente
di Franco Travaglio
Festeggiare il 25 aprile rivivendone l'essenza storica e celebrandone gli ideali non è affatto astratto esercizio di memoria, uno sterile sguardo al passato, ma significa parlare dell'oggi, interrogarsi sul progressivo inaridimento della nostra democrazia e della dilagante indifferenza che colpisce come una pandemia irrefrenabile l'opinione pubblica.
Spettacolo necessario, e opportunamente inserito dalla programmazione del Gobetti di Torino a cavallo della ricorrenza, si rivela quindi Festa grande di Aprile, che lo Stabile ha prodotto con Il Polo del '900.
Si tratta di un testo di Franco Antonicelli, singolare figura di scrittore, fotografo, giornalista e partigiano, che nel 64', dopo quindi quasi 20 anni dalla Liberazione, ha ripercorso la storia italiana dal delitto Matteotti alla sconfitta del nazi-fascismo in una serie di quadri inframmezzati dalla chiave di lettura di una voce narrante. Lo stesso autore, convinto che la visione storica del passato debba evolvere col passare degli anni e col mutare della società, ha spronato a cambiare e adattare narrazione e narratore. In questa edizione, curata drammaturgicamente da Diego Pleuteri per la regia di Giulio Graglia, tale compito è affidato allo storico Gianni Oliva, che ci tiene infatti a sottolineare quanto la storia sia sempre – nel senso buono – revisionista, in quanto la vediamo sempre specchiata nella contemporaneità.
Ed è proprio il confronto con l'oggi a rendere la visione dello spettacolo da un lato emozionante, vedendo l'entusiasmo e il vigore di chi lottava per un'Italia libera, e dall'altro inquietante, per i tanti campanelli d'allarme che avvicinano la situazione attuale del nostro Paese a molti aspetti, se non del fascismo sicuramente di uno stato che tenta di limitare gli spazi di libertà e dissenso.
Il sipario si apre su una canzonetta da varietà a fare da straniante siparietto all'ultimo discorso di Matteotti, in cui denunciò il clima di violenza e intimidazione che aveva pesantemente inficiato le elezioni politiche prima dell'ascesa al potere del fascismo. Oggi la situazione non è così drammatica, ma forse perché non c'è nemmeno bisogno di intimidire i pochi che vanno a votare visto che gran parte dei cittadini non crede più nella capacità di poter incidere nella vita politica, o la vede come un mondo avulso dai propri problemi quotidiani.
Un altro quadro che fa riflettere sull'Italia di oggi è quello ambientato nella redazione di un giornale, in attesa che le veline del regime suggerissero cosa si poteva, o meglio non si poteva, dire: ad esempio era divieto di citare le proteste degli studenti. Il pensiero non può che andare all'informazione attuale, con i giornaloni che oscurano o ridimensionano in modo scientifico le manifestazioni di protesta sgradite al potere, come ad esempio è successo con la grande piazza anti-riarmo dello scorso 5 aprile a Roma.
Fa pensare anche il discorso di Gianni Oliva a proposito della guerra: alla notizia data dal Duce della dichiarazione bellica che ha segnato l'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale, le piazze esultarono come un sol uomo, risultato di un ventennio di propaganda che aveva lavato il cervello dei giovani portandoli ad assimilare l'eroismo, l'esaltazione del conflitto, l'interventismo. Esattamente quello che ha appena spronato a fare la Commissione Europea per preparare le nuove generazione a una cultura di guerra a seguito delle sciagurate politiche di riarmo.
Il finale è il momento più toccante, con i giovani interpreti che si rivolgono direttamente alla platea nel leggere le ultime lettere di alcuni partigiani, ebrei nei lager nazisti, soldati condannati a morte: nei loro ideali, nel loro amore per la patria, nel loro guardare al futuro anche a un passo della morte vediamo invece quello che manca del tutto al mondo contemporaneo, ovvero una visione, un comune orizzonte di ideali, una prospettiva che renda la vita degna di essere vissuta e addirittura persa.
Proprio per le emozioni che ci hanno fatto provare tributiamo un applauso a tutti i giovanissimi e talentuosissimi interpreti, che è giusto citare uno per uno: Francesco Bottin, Hana Daneri, Matteo Federici, Iacopo Ferro, Celeste Gugliandolo, Diego Pleuteri, Michele Puleio, che ci affidano un'immagine di speranza nella scena che precede i ringraziamenti, in cui tutti depongono un papavero sul proscenio.
E risuona anche la canzone che ha dato il titolo allo spettacolo, scritta dallo stesso Antonicelli: "Nera camicia nera, che noi abbiam lavata,/non sei di marca buona, ti sei ritirata;/si sa, la moda cambia quasi ogni mese,/ora per il fascista s'addice il borghese." a sottolineare quanto i partigiani usassero anche l'ironia per combattere il regime fascista.
A proposito di canzoni, alla fine degli applausi Oliva ha voluto coinvolgere il pubblico in una commovente "Bella Ciao" corale, seguita da un interminabile applauso.
Ce n'era bisogno, in un 25 aprile che qualcuno vorrebbe sobrio, ma in cui l'antifascismo andrebbe invece proclamato con più forza che mai.