Con la regia di Arturo Brachetti e Luciano Cannito e le interpretazioni di Diana Del Bufalo nei panni di Sally Bowles e dello stesso Brachetti nei panni di Emcee, ha debuttato in Italia una nuova edizione di Cabaret di Cander e Ebb, inaugurazione della nuova gestione del teatro Alfieri di Torino a cura dell'imprenditore Fabrizio Di Fiore.
Mentre il Nazismo si affacciava sulla scena politica tedesca pronto a dominarla, Berlino, con i suoi 126 club di cabaret (addirittura più di Londra e Parigi) era rimasta la roccaforte della libertà, di tutto ciò che non si poteva controllare. I cabaret erano luoghi di lassismo sfrenato, dove si praticava la libertà sessuale a 360 gradi. La scena di apertura ci catapulta proprio all'interno di uno di essi, il Kit Kat Club, al centro di un'orgia dove corpi nudi si intrecciano e danzano. Il filo narrativo si dipana grazie a Emcee, (acronimo di Maestro di Cerimonie), presentatore androgeno e beffardo di un cabaret della Berlino anni '30, che ci racconta, tra numeri giocosi non solo di trasformismo (Brachetti è a suo agio in tutti gli aspetti della performance musical), la storia d'amore tra uno scrittore americano, giunto a Berlino per trovare ispirazione, e la ballerina Sally Bowles (Diana Del Bufalo). Christopher Isherwood, autore del romanzo "Addio a Berlino" da cui il musical trae ispirazione, descrive come l'humus di distacco dalla realtà e disinteresse dei cittadini per la politica, abbia generato il nazismo portando avanti la negazione di ogni libertà e il razzismo, poi sfociati nell'olocausto e nella seconda guerra mondiale. Il messaggio finale, non sappiamo fino a che punto percepito appieno dal pubblico, risulta forse un po' troppo nascosto sia dalla predominanza dei balletti ammiccanti e sfrenati della coreografia dello stesso Cannito, sia dalle scenografie colorate e dai costumi seducenti che il taglio visivo della regia di Brachetti ha contribuito a dare. La ridondanza di musiche, scene, danze e costumi, attirano l'attenzione e distraggono volutamente anche lo spettatore da quello che è il significativo pericolo incombente, che tuttavia arriva puntuale e tranciante come una ghigliottina e si palesa tragicamente nel finale.
Il finale di cabaret lascia piena libertà narrativa ai registi che lo declinano secondo la loro sensibilità e il loro gusto (nella maggior parte dei casi abbiamo un riferimento diretto all'avvento del nazismo e allo sterminio degli ebrei, ma nell'edizione attualmente in scena a Londra la critica è rivolta alla più attuale dittatura del conformismo e dell'omologazione) Brachetti e Cannito richiamano invece con un approccio molto visivo, riprendendo in modo circolare la scena di nudità iniziale dell'orgia: gli stessi corpi nudi che prima "se la godevano" nel kit kat klub adesso sono di nuovo nudi, spogliati di tutto, in un campo di concentramento e vengono condotti nella camera a gas. Più ci si nasconde dietro alle frivolezze e ci si disinteressa di quello che accade intorno più si è corresponsabili e, prima o poi, vittime della politica peggiore che sale al potere.
E' proprio l'attualità di questa tematica a fare di Cabaret un musical che tocca profondamente le corde degli spettatori, e questa edizione, più glamour del solito, fa di tutto per avvicinarla ulteriormente al pubblico italiano di oggi.
Sonia Bisceglia