Casagrande sposa risate e natura in un viaggio emozionante

21.04.2025

di Franco Travaglio

Per celebrare a teatro il giovedì e venerdì santo 2025 il Teatro Gioiello di Torino ha ospitato due spettacoli molto diversi, che affrontano però entrambi tematiche ambientali, il cambiamento climatico, la spinta a prendersi cura del pianeta, troppo a lungo devastato a opera dell'uomo e sfruttato selvaggiamente fino a renderlo inospitale.

Ciò era facilmente prevedibile nello struggente Franciscus di Simone Cristicchi, dedicato alla figura di un'icona storica dell'ambientalismo, Francesco d'Assisi il cui Cantico delle Creature, ripreso anche in una recente enciclica di Papa Francesco, Laudato Sii, è una vera e propria bibbia dell'amore, sempre meno scontato, per Madre Terra e le sue creature

Sulla carta invece in pochi potevano prevedere gli stessi contenuti per "Il viaggio del papà", la nuova commedia di Maurizio Casagrande da cui ci si aspettava più che altro risate e momenti esilaranti, più che contenuti di tale portata e spessore.

L'attore partenopeo, che abbiamo conosciuto per le sue collaborazioni con Vincenzo Salemme e altri grandi nomi della scena napoletana, ci ha invece stupito con uno show che, nella migliore tradizione del "castigat ridendo mores". L'iscrizione, che leggiamo sul frontone di vari teatri si riferisce alla forza di molti spettacoli, che conquistano il favore del pubblico con la risata, si dedica poi alla critica sociale, ai vizi del contemporaneo e a fustigare eccessi e difetti che andrebbero migliorati per lo sviluppo dell'uomo. Come una pillola che va indorata per essere più facilmente assimilata, la risata diventa quindi veicolo di una riflessione più profonda. Non ci si limita però in questo caso all'invettiva fine a se stessa, ma la critica diventa costruttiva e ci spinge a contribuire al cambiamento adottando uno stile di vita più rispettoso dell'ambiente.

E dire che lo spunto iniziale (il testo è firmato da Casagrande, anche regista, con Francesco Velonà) sembrava ribaltare tutto questo discorso: la parte del simpatico protagonista è infatti affidata a Geppy, imprenditore della plastica (lo stesso Casagrande), che vede con fastidio tutte le politiche green e le buone pratiche che vorrebbero il superamento di imballaggi e contenitori per evitarne il proliferare.

L'irritazione si fa ancora più tangibile quando scopriamo che il primo portavoce – anche piuttosto fanatico – di tutte queste istanze è il figlio (il bravo Michele Capone), esponente di Ultima Generazione, che non fa altro che apostrofare il genitore col l'epiteto "pazzo criminale" ogni qual volta si rende protagonista di qualche efferato atto anti-ecologico: alzare il condizionatore all'inverosimile, usare il jet privato per ogni spostamento, buttare la plastica nell'ambiente.

La prima parte dello spettacolo procede quindi a strattoni, divertendo al netto di qualche lungaggine, ma senza un chiaro punto di vista (il figlio viene spesso deriso dal padre, secondo uno schema consolidato di certi sketch di varietà) e passando perfino con troppa facilità da uno stile all'altro, ma il finale verrà poi a dare un senso e un messaggio a tutto lo schema drammaturgico.

Il cabaret di battuta è uno dei procedimenti comici più utilizzati, grazie ai tanti tic del protagonista e gli altrettanti tormentoni: i jingle che crea ad ogni occasione parodiando celebri canzoni, la sua abitudine a dormire guardando la tv creando divertenti corto-circuiti tra film (come quando il protagonista di Cast Away si trova improvvisamente catapultato nello sbarco in Normandia), e i tanti sfottò nei confronti degli altri personaggi.

Inoltre, complice l'abbattimento della quarta parete (nella fattispecie il muro frontale del suo showroom, che permette a un certo punto all'attore di rivolgersi direttamente al pubblico), c'è la stand-up pura, con il pubblico che viene direttamente coinvolto nelle riflessioni di Geppy.

Non manca una spruzzata di musical, con l'inserimenti di canzoni che, dapprima ironiche, si fanno sempre più riflessive e poetiche man mano che la tematica di fondo passa in primo piano.

La trama vede padre e figlio affrontare appunto un viaggio, consigliato da un analista per migliorare il loro rapporto, che li porterà a naufragare su un'isola. Ma legge del contrappasso vuole che invece di una normale isola i due finiscano su un'isola di plastica, uno di quegli enormi conglomerati di detriti umani creati dal proliferare dei rifiuti di cui l'imprenditore è primo responsabile.

Qui, prima di ritrovare il figlio, l'uomo incontrerà una serie di personaggi tra il fantasy e la fiaba, un La Sirenetta e Pinocchio, che gli faranno maturare una rinnovata presa di coscienza.

Su uno scoglio plastico ecco apparire Arret (la cantautrice Ania Cecilia, anche autrice delle canzoni originali), una sirena che si rivelerà coscienza critica della natura che si ribella alle devastazioni umane, e Piccirè (Il 'piccolo grande uomo' Giovanni Iovino), che come Wilson di Cast Away Geppy si creerà per avere qualcuno con cui parlare, ma che per uno strano prodigio (o allucinazione? Tutto è sospeso tra fantasia e realtà) prenderà vita.

A completare il cast i tanti animali marini (uccelli, crostacei, pesci, il mare stesso) fatti vivere dall'arte coreutica di Arianna Pucci, performer esperta nell'affascinante e innovativa danza 'popping'.

Si parlava della parte finale, sorprendente perché riesce con leggerezza e semplicità a veicolare messaggi importanti: la scenografia proiettata da sfondo passa in primo piano proiettando paesaggi naturali di grande impatto, e anche la figura del figlio viene riabilitata come rappresentante della generazione che dovrà ristabilire un'alleanza col creato, incarnato dalla nuova veste con cui appare la sirena.

Lo spesso Casagrande, smessi i panni del personaggio, scende in platea e di fronte al sipario chiuso si rivolge direttamente e sinceramente al pubblico spiegando le motivazioni che l'anno spinto ad affrontare questa sfida, uno spettacolo complesso e un po' folle che va oltre la comicità: "un artista – spiega – prima o poi deve fare quel che si sente e dire quel che il cuore gli suggerisce".

C'è sicuramente la volontà di mettersi sulla scia dei grandi attori comici che hanno spesso travalicato la loro confort zone per affrontare qualcosa di più vero (Casagrande cita Gigi Proietti "Benvenuti a teatro, dove tutto è finto ma niente è falso"), c'è anche la voglia di superare le consuete formule della commedia, ma si percepisce senz'altro un'urgenza di prendere posizione e metterci la faccia per sensibilizzare il pubblico su un problema, quello delle sfide ambientali, in cui le piccole scelte quotidiane di ognuno possono cambiare di molto il futuro del pianeta, anche in un contesto politico mondiale che sembra aver ingranato la retromarcia sulle pur deboli iniziative di tutela ambientale degli ultimi anni.

In ogni caso quella di Casagrande con Il viaggio del figlio si rivela una scelta meritoria e lodevole, che il pubblico torinese ha accolto con grande calore, dimostrando di aver apprezzato sia la parte divertente che quella 'politica' dello show. 

Franco Travaglio

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