Coppia aperta, quasi spalancata.

27.11.2023

La geniale e caustica commedia "Coppia aperta quasi spalancata" rivive grazie alla vibrante interpretazione di Chiara Francini e Alessandro Federico in un nuovo allestimento che si avvale della regia di Alessandro Tedeschi, della scenografia di Katia Titolo e dei costumi di Francesca di Giuliano. Non si pensi di assistere a una classica commedia leggera all'italiana se l'autrice è Franca Rame.
Onde evitare equivoci infatti fin da subito una voce fuori campo fa intuire che non si tratta della solita pochade, perché (dice) "in sala verranno sparati colpi di pistola"(punto). Verrebbe da chiedersi: veri o finti? E' una burla per il pubblico? O una sorta di avviso, del tipo fate attenzione, non solo alle coronarie, perché quello che vedrete sarà talmente vero, attuale e forte che vi colpirà? E "colpiscono" (eccome) sia gli spari, sia l'intensità, sia il realismo di certe parole e immagini, spesso violente e provocatoriamente triviali. 

L'opera teatrale sul palco del rinnovato Teatro Alfieri di Torino, fa registrare sul pubblico un effetto esilarante ma al contempo urticante nella sequela di scene di ordinarie isterie, aggressioni, ripicche di una moglie che si è arresa a uno status di coppia aperta che al solito avvantaggia solo il marito ma appena si tenta l'apertura dal lato femminile la reazione di lui è comicamente scomposta e segnata da minacce di suicidio, violenza, insulti e un tentativo di omicidio: insomma,  sembra di leggere la cronaca di oggi.
Accade però anche che sulla situazione drammatica si impone la superiorità del testo comico, un filtro, che realizza facilmente quel difficile "distacco" emotivo necessario per la l’evoluzione della protagonista. L'umorismo che diventa una possibile chiave di uscita. Franca Rame ci dimostra che si può, anzi si deve, riuscire a ridere di tutto, anche della violenza, anche (e soprattutto) quando le ferite sono ancora aperte. Caso vuole infatti che la data di questa messa in scena sia quella del 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza verso le donne, e che anche a Torino, a pochi passi dal teatro, si sia appena conclusa una enorme e rumorosissima manifestazione di protesta, che ha visto la partecipazione di decine di migliaia di persone lungo tutta la giornata, tanto che difficilmente si potrà dire di non averla "vista e sentita arrivare". Eppure chissà in quanti proveranno a sminuirla o ignorarla ancora una volta tra istituzioni, media e algoritmi vari.

Difficile verbalizzare qual è, fra i tanti di questo spettacolo, l'elemento principale che ci tocca nel profondo o che provoca di più la riflessione e la risata. Una risata a volte amara ma molto più spesso liberatoria. Sarà forse la messa alla berlina della ormai anacronistica psicologia maschile patriarcale, ottenuta demolendo i punti di riferimento culturali (l'adattamento contemporaneo non risparmia nemmeno il 'sommo' Recalcati) o forse sarà la reazione verace, sfrontata, clownesca, distaccata e laconica della protagonista, che l'accento toscano della Francini rende ancora più irresistibile?
 
Non si sa come, ma uscendo ci si sente nello stesso tempo un po’ scossi e un po sollevati, si ha come la sensazione che un messaggio sia passato e che qualche tassello di questo strambo "puzzle" sociale sia stato rimesso al suo posto.

Resta da chiedersi: può uno spettacolo aiutare a cambiare le cose e le persone? La risposta è semplice: deve.
Il pubblico oggi più che mai ha bisogno di strumenti che lo aiutino ad affrontare il cambiamento epocale che sta vivendo.

“Coppia aperta” ha debuttato esattamente 40 anni fa, ed è significativo ricordare che Dario Fo, regista del primo allestimento, abbia aspettato il funerale della moglie per sottolineare quanto il proprio apporto alla scrittura sia stato marginale, nonostante fino ad allora entrambi erano stati accreditati alla pari come autori del copione. Guardando a quell'epoca di risveglio e di lotte sociali, in cui il teatro si iniziava ad occupare della questione femminile, e riflettendo sulla condizione della donna oggi, non possiamo certo registrare passi avanti, anzi, ma riderci sopra esorcizza il male, aiuta, oggi come allora, a diffondere la consapevolezza della forza, del potere che ognuno ha di mettere in discussione lo status quo per costruire una società più giusta. Quando il riso stimola la riflessione assume quel grande potere di cambiamento che dovrebbe sempre di più contraddistinguere il teatro. È questo che ci piace dei grandi drammaturghi, è questo che ci piace dell'arte.

S. Bisceglia


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