La rivincita generazionale del Don Pasquale

15.02.2024

di Franco Travaglio

«Ben è scemo di cervello / chi s'ammoglia in vecchia età». Vecchio come il teatro, il topos dell'anziano beffato per i suoi bollori verso una giovinetta, che invece di mettersi da parte e far godere della propria fortuna i giovani spiantati, non manca mai di innescare situazioni irresistibili, burle crudeli, e l'immancabile presa di coscienza finale che asseconda il naturale corso della vita. Chi ha già vissuto a lungo deve mettersi da parte, e i giovani godersi gli anni più belli senza ostacoli. In anni di lifting, pensionamenti utopistici e di predominio generazionale di chi ha il potere e non lo molla, è consolatorio vedere il Don Pasquale gabbato. L'intrigo ci procura ancora più gusto quando gli costruiscono intorno uno spassoso Truman Show ante-litteram, in cui nulla è come crede il malcapitato eroe eponimo. Lui vede Sofronia, pudicissima verginella appena uscita dal convento, ma noi la conosciamo come Norina, smaliziata vedova innamorata del di lui nipote Ernesto, pronta infatti a trasformarsi dopo il matrimonio in una mondana piena di amanti intenta a dilapidare la sua fortuna. Lui vede il fedele amico Dottor Malatesta, noi lo sappiamo più legato a Norina e Ernesto e ai loro interessi, infingardo, trafficante che si compiace dei suoi intrighi. Alla fine si vede liberato dall'incubo di una moglie opposta a come la pensava, e noi capiamo che è stato dobbiamente gabellato, prima e dopo il disvelamento della messa in scena: non c'è nulla di più teatrale.

Ma non c'è solo il registro comico e brillante come potrebbe sembrare dalla trama scanzonata. In quella che viene ritenuta dagli studiosi l'ultima opera buffa Gaetano Donizetti apparecchia una partitura piena di sfumature, ricca di pagine commoventi come di scene briose e ritmate. Quasi un musical ante-litteram nel suo intingere il pennello musicale nella più varia tavolozza delle emozioni, nello stupire continuamente il pubblico con effetti, colpi di scena, tappeti emozionali e picchi di bellezza lirica e vitalità orchestrale. Insomma, un "interminabile andirivieni" teatral-musicale che non delude mai, anzi lascia sempre l'acquolina in bocca.

La messa in scena, storica, è quella di Ugo Gregoretti, con scene e costumi di Eugenio Guglielminetti, che ci restituisce i colori e le atmosfere della Roma papalina, tra canali, ponti mobili, enormi stampe a fungere da fondali e persino una suggestiva mongolfiera.

La scelta di ambientare tutta l'azione in esterni, anche le scene più intime, riesce nell'intento di dare più respiro e modernità all'opera, con un apprezzata rottura della quarta parete con i protagonisti che scendono in una scena a cantare in proscenio e a ricevere direttamente gli applausi alla fonte.

Applausi peraltro meritatissimi da un cast eccellente, capitanato dall'incantevole Norina di Maria Grazia Schiavo, che unisce la grazia del fisique du role all'armonia di una voce versatile e a suo agio con l'impegnativa partitura donizettiana. Al suo fianco Nicola Alaimo è un credibilmente brillante Don Pasquale, così come Antonino Siragusa e Simone Del Savio che completano il cast interpretando con intensità e spirito l'innamorato Ernesto e il burattinaio Dottor Malatesta.

Insomma uno spettacolo tutto da scoprire e riassaporare, il cui riscatto generazionale è stato gustato di cuore da una vivace platea di ragazzi grazie alla lodevole iniziativa dell'Anteprima Giovani. L'evento "pop" abbinato vedeva questa volta esibirsi un giovane pianista, il compositore e influencer torinese Gabriele Rossi.

Un altro passo verso il "ringiovanimento" dell'opera al Regio, sempre meno museo e sempre più teatro vivo e vitale.

Franco Travaglio

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