Gente di facili costumi
di Alessandro Caria
BOLOGNA - Andata in scena nel 1988, e scritta qualche tempo prima, dopo 37 anni Gente di facili costumi conserva intatto il suo mordente rendendosi, oggi come allora, metafora severa della società che viviamo.
Nino Manfredi, autore – oltre che interprete – di questa commedia con Nino Marino, così la presentava: "In una società come la nostra, dove tutto si avvilisce e si corrompe, che valore hanno ancora l'onestà, la dignità, il rispetto dei più profondi valori umani?"
Come nel 1988, le cose non sono poi tanto cambiate. Se vogliamo, forse, sono peggiorate. E nella nuova versione portata con successo al Teatro Duse di Bologna, con due straordinari e meravigliosi interpreti quali Flavio Insinna e Giulia Fiume, brillantemente diretti da Luca Manfredi, Gente di facili costumi diventa non solo un omaggio ad uno dei più raffinati ed eclettici interpreti dello spettacolo italiano, ma una metafora ancor più viva, ancor impietosa dei nostri tempi.
Prostituta lei (Giulia Fiume); intellettuale del cinema lui (Flavio Insinna) che sbarca il lunario scrivendo soggetti per film di serie B di basso livello che si vergogna perfino a firmare sul copione. Però ha un sogno nel cassetto: un film speciale, su cui ha lavorato per anni, delle cui possibilità di successo è pronto a giurare, che però nessuno gli vuol produrre perché, tutto sommato, è anche questo una stupidaggine come gli altri. In fondo un fallito che si prostituisce, per vivere, con copioni di bassa lega. Una realtà che, però Insinna, a differenza della Fiume, non accetta. Lui è colto, intellettuale, bugiardo, cinico, ordinato, lei è ignorante, pratica, sincera, romantica e casinista. Che faranno alla fine? Si innamorano, naturalmente. È proprio dalla ricostruzione delle vite dei due personaggi, dal loro incontro e dalla storia di questo incontro, dall'intrecciarsi delle loro esperienze diverse ma praticamente simili, che viene fuori uno spaccato, inquietante, della società d'oggi. E, soprattutto, dell'Italia dei nostri giorni. Che ne esce? Secondo Manfredi un ritratto della «società che li circonda. Vale a dire l'Italia». Intendiamoci, non è una denuncia cupa e piena di fiele; piuttosto nella tradizione della migliore commedia all'italiana si tratta di un quadretto un po' disincantato, un po' compiaciuto di un paese dove l'arte di arrangiarsi non è mai stata considerata un difetto.
La scena è fissa nell'attico di lei, una stanza living coloratissima, piena di ammennicoli di cattivo gusto, con una cucina disordinata. Il sipario si apre sull'ennesimo rientro di lei, dopo il lavoro. Alle quattro del mattino, in guepière, tra l'acqua del bagno che scroscia e la musica del giradischi acceso (l'eterna Raffaella Carrà). Un rientro che il vicino di casa, che abita sotto e ogni notte si prende in testa tutto il frastuono, non regge più. Brandendo un coltello fa irruzione nell'appartamento e incomincia a litigare. È un dialogo fra sordi, parlato da due persone dai linguaggi differenti. E tutta la commedia è giocata qui, nel parlato diverso, nel gesto disuguale, nella lontananza che alla fine - «come in una favola, in un happy end», viene detto ammiccando in scena si trasforma in unità e in amore. Dopo il litigio, pian piano i due diventano amici. Lui, squattrinato, con la casa allagata per colpa del bagno di lei, viene ospitato al piano di sopra dove lavora al suo film, fa da mangiare, rassetta e le insegna pillole della sua cultura. Lei, in cambio, gli racconta la vita che fa ogni giorno, gli parla del prezzo dei collant, degli amici della stazione, delle colleghe. Lui, accento romano, filosofeggia, si nutre di elucubrazioni mentali e costruisce paradossi. Lei glieli butta giù con una risata o con una sola, eloquente, esclamazione in dialetto siciliano. Il dialogo è fresco e divertente, e il pubblico ride volentieri e applaude spesso a scena aperta. La Fiume è calda e sensuale nella parte, Insinna gioca ad avvicinarsi a questa situazione e poi allontanarsene un po': il suo personaggio richiede una certa distanza intellettualistica, ma in scena la sua recitazione non rimane mai fredda. Se nel primo atto gli applausi sono tutti per lui, star televisiva, nel secondo è la bravissima Giulia Fiume (grazie anche alla storia che la favorisce) a prendersi i battimani.
Come affermava Nino Manfredi a fine anni '80, Gente di facili costumi "è una commedia che sviluppa, in maniera paradossale, un fondamentale problema etico. In una società come la nostra, dove tutto si avvilisce e si corrompe, che valore hanno ancora l'onestà, la dignità, il rispetto dei più profondi valori umani? Lo sport diventa sempre più truffa e violenza. Gli ideali politici difendono gli interessi più strettamente privati. La creatività e la fantasia sono messi al servizio dell'imbonimento pubblicitario. Senza continuare a fare altri esempi, è evidente che viviamo in una società in cui i valori più elevati vengono svenduti e liquidati, perché il bello, il buono e il vero sono asserviti all'utile". Il dramma è che è tutto così attuale.