Cosa dire ancora di GREASE che ancora non sia
stato detto? Forse che se non ti piace l'idea di unirti a fine spettacolo a un
intero pubblico in piedi imitando con il braccio le movenze della coreografia
di "Greased Lightning" – braccio da sinistra a destra orizzontalmente
e poi su e giù verticalmente – nel "Grease Megamix" (o non sai cos'è
il "Grease Megamix"), questo musical probabilmente non fa per te!
GREASE è un esercizio di nostalgia. Ma il pubblico che vedrà
questa edizione si troverà davanti a un triplo colpo di nostalgia: per
l'America degli anni '50 sposata dal Musical di Broadway del 1972, per il film
del 1978 con John Travolta e Olivia Newton-John, e per quel revival dai colori
primari e dai bordi neon che trionfò in Italia nel 1997. Ma potrebbero anche
avere una piccola sorpresa: l'incredibile ed esplosivo Cast messo su da
Compagnia della Rancia, molti elementi dei quali ho visto crescere qui a Bologna
mentre studiavano presso la BSMT diretta da Shawna Farrell che quest'anno
festeggia i 30 anni di attività, e che non erano ancora nati quando Lorella
Cuccarini e Giampiero Ingrassia inaugurarono la greasemania.
E quindi tante lodi a ogni singolo performer di questo Cast,
raramente tutti i numeri musicali sono stati cantati meglio di quanto lo siano
qui (merito anche del brillante lavoro di Gianluca Sticotti). Le voci – solisti
e coro – sono uniformemente magnifiche e sono esaltate dagli arrangiamenti
musicali incisivi ed emozionanti di Riccardo Di Paola.
Ma individualmente, l'interpretazione di spicco dello
spettacolo è quella di Eleonora Buccarini, dalla voce straordinaria e
ugualmente impeccabile nel ballo e nella recitazione (è nata una stella?), nel
ruolo di Sandy, che risulta molto meno scialba dell'iconico ruolo immortalato
nel film da Olivia Newton-John. La Sandy della Buccarini è fresca e moderna,
sicuramente "una brava ragazza", ma ha un nucleo morale solido, con
una giusta disapprovazione per le buffonate dei suoi nuovi compagni di scuola.
E quando alla fine si mette in ghingheri, il risultato è molto diverso: lo fa
con uno sguardo ironico e con il chiaro scopo di dimostrare a Danny che è
possibile cambiare se stessi. Sta cercando di dargli il buon esempio, non di
affascinarlo (anche se ci riesce perfettamente!) ed è inutile dire che ferma
letteralmente lo spettacolo con "Hopelessness Devoted To You".
Il Danny di Tommaso Pieropan è un intrigante mix di
arrogante spavalderia e occasionale imbarazzo infantile, del tutto convincente
nel ruolo di un adolescente priapico disorientato dai suoi sentimenti, in
definitiva un cucciolo sovreccitato che finge di essere un cane lupo.
L'altro leader della banda interpretato da Valerio Angeli,
Kenickie, è una presenza elettrizzante e inquietante, più atletico e più
sinistro rispetto ai suoi predecessori nel ruolo.
Last but not least la sensazionale ed eccellente Arianna
Bertelli, nel ruolo della carismatica e fragile Rizzo, leader della "girl
gang" delle Pink Ladies: ha mordente, presenza e, in definitiva,
profondità – trova colori ricchi e reali di vulnerabilità e odio per le sue
debolezze sotto tutta la sfacciataggine e la promiscuità, è quasi impossibile
distogliere lo sguardo da lei. Il suo affascinante numero/grido d'angoscia
"There Are Worse Things I Could Do", unico momento dove lo spettacolo
diventa sfrontatamente reale, è da brividi e la sua performance è un vero e
proprio knockout!
Ci tengo anche a ricordare il divertentissimo Sonny siculo
di un esilarante Giuseppe Brancato, la sexy e acrobatica Marty di Federica
Laganà dai tempi comici perfetti e la tenera Patty di Valentina Pini.
Lo spettacolo è sempre in rapido movimento grazie alla consolidata, serrata e dinamica regia di Saverio Marconi, sempre coadiuvato da Mauro Simone,
che costituisce un argomento convincente per gli elementi più grintosi dello
script di Jacobs e Casey. Le coreografie aggiornate di Gillian Bruce sono
favolose: più incentrate sui personaggi rispetto al suo lavoro nel revival
precedente: anche quando esplodono sul palco con un abbandono rigorosamente
addestrato, la compagnia sembra e si muove come persone reali piuttosto che
come ballerini; i numeri di danza sono dinamici e creativi e il cast riempie il palco con gambe e
braccia vorticose ed energia prodigiosa.
La trasformazione di Sandy potrebbe essere il momento
più iconico di GREASE, ma il cambiamento non è proprio l'obiettivo di questo
"nostro" spettacolo italico: il suo mondo fatto di sessismo poco
edificante, innumerevoli spinte pelviche e un'eroina che acquista valore solo
quando indossa pantaloni di pelle attillati non viene ancora reinventato per il
XXI secolo. Saremo pronti a questo passo per la prossima edizione? Vista la
forza e l'intramontabile e costante successo di questo titolo, forse abbiamo la
forza anche noi di affrontare un'edizione di GREASE che faccia ritorno
all'edizione teatrale originale di inizio Anni '70, un po' più oscura ma ancora
attualissima dove era più evidente e consapevole che la brillante e spensierata
esuberanza del liceo stia per estinguersi per sempre mentre questi giovani
della classe operaia si dirigono verso un mondo adulto duro e incerto. Se c'è
un tema, è la disperazione di questi ragazzi duri della parte sbagliata di
Chicago di apparire invulnerabili. L'atteggiamento protettivo, la sicurezza
nella cricca. Per quanto questo spettacolo sia basato sulla caricatura, c'è
ancora del vero in questo.