Dopo quasi tent'anni anni di ricerca, il collettivo LabPerm
di Domenico Gastaldo affronta il tema dei temi, la ricerca della (in)felicità
in una pièce senza dubbio originale, in cui vari linguaggi teatrali si fondono
a comporre un insieme mai banale in un lavoro di gruppo tra il didascalico,
l'ironico, la finta lezione scientifica e il divertissement analitico.
"Come ci si circonda di nemici? Come ci si procura dolori,
risentimenti, tormenti e così via?". Lo spettacolo fornisce risposte a piene
mani.
Fonte di ispirazione l'opera "Istruzioni per rendersi
infelici" di Paul Watzlawick, che partendo
dai suoi studi alla scuola di Pragmatica della Comunicazione Umana a
Palo Alto, in California, ci fornisce una serie di episodi di impronta
bozzettistica, una sorta di osservazione sociologica al laboratorio col
microscopio della quotidianità che va a osservare micro-storie e micro-cosmi
all'origine dei disturbi sociali che, poi ingigantiti e elevati a sistema
producono la forte conflittualità, privata e pubblica che di questi tempi è
sotto gli occhi di tutti.
Una sorta di Agente Provocatrice, incarnazione della complicazione
fine a sé stessa, e dell'incattivimento insensato e fine a sé stesso, sprona i
personaggi, mai connotati e per questo emblematici di stati d'animo, tic, fobie
e intolleranze assortite, a porsi in contrapposizione con l'altro, a pensare
male, coltivando pregiudizi, asti, guerre preventive destinati a sedimentarsi e
a prevaricare le migliori intenzioni.
Ecco la lite col vicino di casa per il prestito di un
tagliaerba, prodromo a una faida tra famiglie destinata a durare in eterno,
ecco i bisticci tra marito e moglie, l'orgoglio ferito di lui e l'invidia di
lei per l'erba del vicino, ecco i bisticci, gli screzi e i battibecchi con cui
ci si rovina volontariamente la vita che potrebbe essere pacifica se solo si
avesse fiducia nel prossimo invece di inventarsi guerre preventive che invece
di preparare una pace incerta costruiscono una guerra sicura.
A fare da contraltare ai vari sketch, momenti cantati che
mettono insieme varie canzoni dal repertorio più vasto, veri e propri standard
dell'easy listening, da Oh happy day (che diventa poi Felice dì) a Felicità di
Romina e Al Bano per finire con un "Amo" di Fausto Leali che alla fine, quando
il protagonista avrà capito la (cattiva) lezione diventerà "Odio".
Uno spettacolo senz'altro godibile, che però non raggiunge
profondità analitiche degne di nota, vista l'angustia un po' asfittica della
struttura drammaturgica, cristallizzata in quadretti e caratteri senza grande
respiro, e spesso penalizzata da una recitazione eccessivamente didascalica.
Grande mattatore, autore, regista e drammaturgo Domenico Castaldo che
interpreta vari ruoli con versatilità para-cabarettistica e buon dinamismo,
affiancato dai bravi Lucrezia Bodinizzo, Marta Laneri e Zi Long Ying.
La tesi sottesa è una prevalenza degli impulsi più
auto-distruttivi dell'essere umano, che tra una via dritta e pacifica ne
privilegerà sempre una contorta e lastricata di violenza, basta che gli
permetta di porsi in conflitto con i suoi simili. In pratica non è il destino
che ci impedisce di vivere felici, ma l'infelicità, e quindi la sua pervicace,
gretta e dissennata ricerca, fa parte da sempre nel nostro DNA, quindi sotto
sotto è da sempre il nostro vero obiettivo. Tanto vale quindi arrendersi e
abbandonarsi ad essa invece di idealizzare una utopica, ipocrita e forse
disumana, felicità.