Non aprite quel cellulare!

16.01.2024

Perfetti Sconosciuti di Genovese diverte e fa riflettere anche a teatro

di Franco Travaglio

"Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata e una segreta" recitava lo slogan di Perfetti Sconosciuti, il celebre film di Paolo Genovese, diventato un caso mondiale dopo lo straordinario successo italiano e al centro di ben 25 remake internazionali.

C'è qualcosa in grado di intrecciare queste tre vite, sovrapporle rendendo pubblico cio che dovrebbe restare privato e noto a tutti ciò che dovrebbe rimanere segreto? Il dispositivo, o meglio il device, che scombina tutti questi piani dando l'impressione di custodirli fedelmente, è l'oggetto-feticcio sempre più padrone delle nostre vite, il cellulare. Ci siamo abituati a considerarlo qualcosa di strettamente privato, una specie di "scatola nera" della nostra esistenza, ma se si decidesse di scoperchiare questo moderno vaso di Pandora, e di essere obbligati a spiattellare, in una sorta di (d)istruttivo gioco di società, tutti i contenuti che compongono il nostro vissuto?

E' quello che propone Eva, la protagonista del film, e ora della commedia firmata e diretta dallo stesso Genovese, a una festa tra amici. Il bizzarro e avventato invito alla trasparenza viene all'inizio accolto da tutti, tranne il marito Rocco, che è paradossalmente quello che ha meno da nascondere. Nessuno degli altri ammette i tanti segreti che segnano la loro vita, ma in realtà sono tutti bugiardi, mistificano la verità, ne creano una di comodo, nascondono dei piccoli grandi particolari. Mentono al partner, ai parenti, ai figli, persino a loro stessi. E quei cellulari finalmente espliciti, il vivavoce obbligatorio, i messaggi letti ad alta voce, i vocali amplificati, svelano tutte le infedeltà, i non-detti, i grandi segreti, i retroscena del perbenismo interessato, i fuori onda all'ipocrisia.

Bianca e Cosimo sono una coppietta innamorata ma il marito si rivela pluri-fedifrago, Lele, il marito di lungo corso, scambia foto sexy con una collega e sua moglie Carlotta ha una liaison feticista sui social, oltre ad aver quasi sistemato la suocera all'insaputa del consorte in una rsa. Peppe, single impenitente, si è finalmente fidanzato con una Lucilla, ma in realtà il partner è un Lucio, e a passare per gay è Lele che ha chiesto a Peppe di scambiarsi il telefono per non essere sgamato da Carlotta.

Insomma la pochade 2.0, in cui gli amanti non si nascondono più nell'armadio ma nella memoria di uno smartphone, rivela tutte le magagne di una società basata su legami di convenienza e che eleva l'ipocrisia a sistema, un mondo borghese fintamente inclusivo che alla prima occasione mostra il suo volto intollerante contro chiunque si allontani da un malato concetto di "normalità" ("sono stato fro… per due ore e mi è bastato" è lo sfogo di Lele creduto gay.).

Scopriamo en passant che Eva, creatrice del gioco e quindi apparentemente sincera, si poteva permettere completa trasparenza solo perché l'oggetto del suo inciucio, lo stesso Cosimo, era presente e non gli avrebbe sicuramente inviato messaggi o chiamate.

Non mancano momenti più leggeri tipici della commedia degli equivoci, come quando Bianca è creduta da tutti fedifraga perché riceve un sms con "ho voglia di sc…", e tutti concordano sul fatto che non può essere "colpa del T9"… Per scoprire però che in realtà è solo la confidenza disperata di un amico innamorato di un'altra.

E' un piacere vedere a teatro tanti volti del cinema, in primis il Rocco di Paolo Calabresi, auto-ironico e amaro, sicuramente il personaggio più vero. Accanto a lui Valeria Solarino interpreta con naturalezza Eva, così come Lorenza Indovina (Carlotta), Marco Bonini (Cosimo), Alice Bertini (Bianca). Ma a rubare la scena, anche grazie alla simpatia dei loro personaggi, l'uno impunito l'altro sornione, sono Dino Abbrescia e Massimo De Lorenzo. La loro bravura dimostra l'assunto espresso recentemente da Carlo Verdone al Salone del Libro, che sottolineava l'importanza degli attori di carattere, una specie in via di estinzione visto che tutti vogliono fare i protagonisti, senza pensare che a illuminare una commedia, che sia cinematografica o teatrale poco importa, sono certi geniali "comprimari" capaci di prendersi il centro della scena.

Consolatorio, e forse un po' artificioso, il finale, un po' sliding doors un po' "è stato tutto un incubo", con la serata che riprende dall'inizio come se il gioco non fosse mai iniziato. Ognuno si tiene dentro i piccoli grandi segreti e le coppie continuano le loro quotidiane finzioni, le vite pubbliche, private e segrete non interferiscono, gli altarini sono nascosti, e le crisi rimandate e la spazzatura rimane sotto il tappeto. E tutti finsero felici e contenti.

Franco Travaglio

MuTeVoLi © Tutti i diritti riservati 2023
Creato con Webnode Cookies
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia