The Impossible Man di Federico Bellone

29.04.2025

di Sonia Bisceglia

Tutto è possibile. …L'impossibile? É solo qualcosa che richiede un po' più di tempo. Sembra partire da questa massima The Impossible Man, ultimo originale progetto del regista Federico Bellone, che lo vede qui anche autore. Ed oltre al tempo, al talento del regista e a una buona dose di tenacia, per arrivare a sbalordire e meravigliare un pubblico ormai abituato all'eccellenza, dopo anni e punti di svolta del teatro musicale italiano come Mary Poppins, Charlie e la fabbrica di cioccolato, The Phantom of The Opera, e l'ultimissimo Anastasia, ancora in scena nella prossima stagione dopo una prima tournée costellata di sold-out, è anche necessaria una buona dose di magia, una magia che diventa ingrediente fondamentale di questo show.

Ad ispirare e affascinare il punto di riferimento della produzione Broadway Italia la strabiliante carriera di Erik Weisz in arte Harry Houdini, mago, illusionista e soprattutto escapologo che tra la fine dell'800 e l'inizio del secolo scorso sfidò l'incredulità e la morte stessa diventando uno dei più acclamati fenomeni dello showbusiness statunitense.

Al centro drammaturgico dello show, visto in prima mondiale all'Ariston di Sanremo lo scorso 20 aprile, proprio questa sfida, che Houdini ingaggia prima di tutto con sé stesso e i propri limiti fisici, in una corsa auto-distruttiva in cui trascina la devota moglie Bess e il fedele fratello e assistente Theo.

lo vediamo infatti, tra continui flashback che plasmano a colpi di scena anche la stessa linea temporale, alle prese con la sua ultima esibizione, in preda agli effetti dei violenti pugni di uno studente venuto a testare la sua leggendaria forza, che secondo la biografia ufficiale gli saranno fatali.

A sferrare tali fendenti, e a tirare le fila degli sviluppi barocchi un personaggio ricorrente, la Morte stessa, beffarda e implacabile avversaria.

Il primo atto scorre con un ritmo perfetto, di fronte ad occhi meravigliati ed increduli, tanti sono gli effetti magici e le illusioni (i trucchi del grande Paolo Carta, inutile a dirsi, non si vedono) con continue apparizioni, levitazioni, sparizioni, scambi di persona, trasformazioni a vista, alternati alle altrettanto affascinanti magie del teatro musicale.

Più riflessivo il secondo atto, dove ci avviciniamo maggiormente all'umanità dei personaggi letteralmente divorate dal tritacarne del mondo dello spettacolo che non concede tregua ai limiti del fisico, alla voglia di normalità di chi ti sta accanto, alla tenerezza di sentimenti soverchiati dalla crudele legge del palcoscenico, come su una folle giostra che non concede pause.

A cucire insieme scene, affetti, effetti e balletti una colonna sonora continuamente presente e protagonista, creata dal Maestro Giovanni Maria Lori, anche direttore in sala dell'orchestra di otto elementi che ha accompagnato la prima. Le melodie sono orecchiabili e trascinanti, anche grazie alle magnifiche orchestrazioni di Pino Perris, tanto che in molti casi ci si augurerebbe tornassero maggiormente all’orecchio durante la rappresentazione, gli arrangiamenti al totale servizio della drammaturgia e del periodo storico, sia nelle potenti ballate romantiche sia nei frequenti momenti ironici e spiritosi, tra cui un irresistibile duetto in cui la futura moglie dell'illusionista decide letteralmente di diventare la 'sua metà'.

Sospese tra introspezione e brillantezza le liriche inglesi, dello stesso Bellone, specie quelle cantate da Bess: Alice Mistroni costruisce un personaggio tridimensionale, ironico e sensibile, forte e coinvolgente, perfettamente a suo agio nei tanti balzi cronologici, perfetto contraltare all'Houdini di Ryan Silverman. La star di Broadway non si risparmia, incarnando potente e credibile il classico eroe da musical dirompente e empatico, nel segno della tradizione, da George M. Cohan a Kander e Ebb (è stato a lungo Billy Flynn in Chicago) nelle esibizioni del protagonista, dimostrando poi tutta la commovente fragilità nelle scene 'dietro le quinte'. Al suo fianco Lewis Griffiths è un Theo che gioca efficacemente di sottrazione, uscendo poi alla ribalta in un paio di belle ballad e nel tenero momento in cui tenta di realizzare il suo sogno d'amore e di vita, non corrisposto, con Bess. Russell è una Morte sulfurea e sadica, non sempre del tutto a proprio agio con la complessa partitura affidatagli, ma attorialmente potente nella presenza scenica.

Non mancano una manciata di coreografie di altissimo livello. Gillian Bruce ci ha abituato a un approccio teatrale, creativo, internazionale alla danza, ma qui stupisce con un travolgente numero di tap in cui finalmente abbiamo potuto godere, in un musical, del puro talento di campione del mondo di tap-dance Tommaso Parazzoli, al centro di assoli mozzafiato.

Le scene di Clara Abbruzzese (il palcoscenico incastonato in un decadente padiglione da fiera al centro del continuo passare tra stage e backstage) così come i deliziosi costumi di Chiara Donato e le luci, cinematografiche, di Valerio Tiberi contribuiscono alla - e alle - magie.

Insomma, a Sanremo il pubblico italiano ha scoperto l'affascinante figura di Houdini dentro e fuori dal palcoscenico, grazie a questo show strabiliante. Ora la sfida è quella di affascinare tante altre platee, comprese le più esigenti, e la strada sembra in discesa.

Sonia Bisceglia

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