Tutto è possibile. …L'impossibile? É solo qualcosa che
richiede un po' più di tempo. Sembra partire da questa massima The Impossible
Man, ultimo originale progetto del regista Federico Bellone, che lo vede qui
anche autore. Ed oltre al tempo, al talento del regista e a una buona dose
di tenacia, per arrivare a sbalordire e meravigliare un pubblico ormai abituato
all'eccellenza, dopo anni e punti di svolta del teatro musicale italiano come
Mary Poppins, Charlie e la fabbrica di cioccolato, The Phantom of The Opera, e
l'ultimissimo Anastasia, ancora in scena nella prossima stagione dopo una prima
tournée costellata di sold-out, è anche necessaria una buona dose di magia, una magia
che diventa ingrediente fondamentale di questo show.
Ad ispirare e affascinare il punto di riferimento della
produzione Broadway Italia la strabiliante carriera di
Erik Weisz in arte Harry Houdini, mago, illusionista e soprattutto escapologo
che tra la fine dell'800 e l'inizio del secolo scorso sfidò l'incredulità e la
morte stessa diventando uno dei più acclamati fenomeni dello showbusiness
statunitense.
Al centro drammaturgico dello show, visto in prima mondiale
all'Ariston di Sanremo lo scorso 20 aprile, proprio questa sfida, che Houdini
ingaggia prima di tutto con sé stesso e i propri limiti fisici, in una corsa
auto-distruttiva in cui trascina la devota moglie Bess e il fedele fratello e
assistente Theo.
lo vediamo infatti, tra continui flashback che plasmano a
colpi di scena anche la stessa linea temporale, alle prese con la sua ultima
esibizione, in preda agli effetti dei violenti pugni di uno studente venuto a
testare la sua leggendaria forza, che secondo la biografia ufficiale gli
saranno fatali.
A sferrare tali fendenti, e a tirare le fila degli sviluppi
barocchi un personaggio ricorrente, la Morte stessa, beffarda e
implacabile avversaria.
Il primo atto scorre con un ritmo perfetto, di fronte ad
occhi meravigliati ed increduli, tanti sono gli effetti magici e le illusioni
(i trucchi del grande Paolo Carta, inutile a dirsi, non si vedono) con continue
apparizioni, levitazioni, sparizioni, scambi di persona, trasformazioni a
vista, alternati alle altrettanto affascinanti magie del teatro musicale.
Più riflessivo il secondo atto, dove ci
avviciniamo maggiormente all'umanità dei personaggi letteralmente divorate dal
tritacarne del mondo dello spettacolo che non concede tregua ai limiti del
fisico, alla voglia di normalità di chi ti sta accanto, alla tenerezza di
sentimenti soverchiati dalla crudele legge del palcoscenico, come su una folle
giostra che non concede pause.
A cucire insieme scene, affetti, effetti e balletti una
colonna sonora continuamente presente e protagonista, creata dal Maestro
Giovanni Maria Lori, anche direttore in sala dell'orchestra di otto elementi
che ha accompagnato la prima. Le melodie sono orecchiabili e trascinanti, anche
grazie alle magnifiche orchestrazioni di Pino Perris, tanto che in molti casi
ci si augurerebbe tornassero maggiormente all’orecchio durante la rappresentazione, gli arrangiamenti al
totale servizio della drammaturgia e del periodo storico, sia nelle potenti
ballate romantiche sia nei frequenti momenti ironici e spiritosi, tra cui un
irresistibile duetto in cui la futura moglie dell'illusionista decide
letteralmente di diventare la 'sua metà'.
Sospese tra introspezione e brillantezza le liriche inglesi,
dello stesso Bellone, specie quelle cantate da Bess: Alice Mistroni costruisce
un personaggio tridimensionale, ironico e sensibile, forte e coinvolgente,
perfettamente a suo agio nei tanti balzi cronologici, perfetto contraltare
all'Houdini di Ryan Silverman. La star di Broadway non si risparmia, incarnando
potente e credibile il classico eroe da musical dirompente e empatico, nel
segno della tradizione, da George M. Cohan a Kander e Ebb (è stato a lungo
Billy Flynn in Chicago) nelle esibizioni del protagonista, dimostrando poi
tutta la commovente fragilità nelle scene 'dietro le quinte'. Al suo fianco
Lewis Griffiths è un Theo che gioca efficacemente di sottrazione, uscendo poi
alla ribalta in un paio di belle ballad e nel tenero momento in cui tenta di
realizzare il suo sogno d'amore e di vita, non corrisposto, con Bess. Russell è una Morte sulfurea e sadica, non sempre del tutto a proprio agio con
la complessa partitura affidatagli, ma attorialmente potente nella presenza
scenica.
Non mancano una manciata di coreografie di altissimo
livello. Gillian Bruce ci ha abituato a un approccio teatrale, creativo,
internazionale alla danza, ma qui stupisce con un travolgente numero di tap in
cui finalmente abbiamo potuto godere, in un musical, del puro talento di
campione del mondo di tap-dance Tommaso Parazzoli, al centro di assoli
mozzafiato.
Le scene di Clara Abbruzzese (il palcoscenico incastonato in
un decadente padiglione da fiera al centro del continuo passare tra stage e
backstage) così come i deliziosi costumi di Chiara Donato e le luci,
cinematografiche, di Valerio Tiberi contribuiscono alla - e alle - magie.
Insomma, a Sanremo il pubblico italiano ha scoperto l'affascinante
figura di Houdini dentro e fuori dal palcoscenico, grazie a questo show strabiliante. Ora la
sfida è quella di affascinare tante altre platee, comprese le più esigenti, e la strada sembra in discesa.