La riambientazione si riverbera nella
sontuosa scenografia articolata in due quadri: quello del primo e terzo atto,
ovvero il "Salone elegantissimo in casa di Magda a Parigi" che diventa poi il "Piccolo
padiglione" con vista sulla Costa Azzurra, trasformato qui in una ricca hall di
albergo con tanto di piscina (il riferimento è al film con Alain Delon e Romy
Schneider, e il lusso sembra contraddire il libretto di Giuseppe Adami che parla
di "piccole rinunce"…).
Ma a riservare le sorpresa maggiore,
soprattutto per il pubblico torinese, è il quadro del secondo atto, ambientato…
nel Regio stesso! Vediamo infatti riprodotte le iconiche lampade a globo, le scale, i
divanetti rossi del foyer, a ricreare il fasto notturno e modernista del locale notturno Bullier che ha perso la grazia Belle Époque e ospita ora una festa in
maschera affollata di giovanotti orgogliosamente gay dai baffetti alla Freddie
Mercury che sembrano tutti usciti dal Rocky Horror Show. A chi si fosse sentito
spiazzato ricordiamo che anche il Rocky (visto recentemente, proprio a Torino, all'Alfieri) ha aperto le danze nel 1973.
A proposito di danze Carmine de
Amicis non ci fa mancare una gustosa citazione del "Tuca Tuca" (1971) della Raffa
nazionale, figura celebratissima da questa stagione teatrale, al centro di
mille omaggi e addirittura di una opera lirica, "Raffa in the sky" del Donizetti
di Bergamo.
In questi tre spazi nasce, si consuma
e muore l'impossibile amore tra la "cortigiana" Magda de Civry (la Soprano Olga
Peretyatko incanta: voce sublime e appassionata presenza scenica) e l'ingenuo idealista
provincialotto Ruggero Lastouc (Oreste Cosimo, che supera brillantemente la
prova, anche quella 'costume' a bordo vasca). Si conoscono alla sfrenata
festa e lui se ne innamora perdutamente, lei ricambia in nome della nuova moda dell'amore
sentimentale, ma poi il sentimento dovrà fare i conti con la bella vita a cui lei non sa rinunciare, e le preclusioni della famiglia di lui, che non accetterebbero il passato
peccaminoso della donna.
Il giovane pubblico pare
apprezzare quest'opera, forse perché Puccini ci ha risparmiato gli arzigogoli
narrativi, le esagerazioni melodrammatiche e le morti violente che di questi
tempi almeno il teatro può e deve risparmiarci, assolvendo al suo compito di
riempirci di bellezza, che non vuol dire a tutti i costi disimpegno, ma consapevolezza
di ciò a cui il genere umano deve tendere.
Musicalmente non saremo forse di fronte
al miglior Puccini, non aiutato da una storia priva di grandi colpi di scena e
da una gestazione travagliata: commissionatagli come operetta dal Carltheater di Vienna, il compositore decise poi di farla rimanere nella 'confort zone' dell'opera, insoddisfatto del progetto drammaturgico.
Ma in questo suo pescare nei ritmi e nelle danze più cool del momento:
valzer, fox-trot, slow-fox, one-step e tango, proprio come fa l'operetta, e farà compiutamente il musical, risiede l'originalità de La Rondine.
Si ascrivono invece alle grandi
melodie pucciniane i due momenti che emozionano di più: l'intenso "bel sogno di
Doretta", intonato dal poeta Prunier (protagonista del sub-plot che lo vuole innamorato suo malgrado della cameriera
Lisetta, che tenta invano di lanciare come canzonettista nel divertente). L'aria narra di una fanciulla che resiste alle lusinghe e alle ricchezze di un Re, e sarà Magda, auto-profetica, a scrivere il sequel della storia di Doretta, che
finirà per innamorarsi di un romantico studente.
L'altro è il sublime valzer "Vuoi
tu dirmi che cosa più ti tormenta", che sortisce un effetto straniante accostato alla
trasgressione della danza di questo allestimento, che sfoggia mossette sexy e allusive.
La Rondine porta un altro
tassello al mosaico della stagione, che affronta vari aspetti dell'amore (lo slogan, un po' affettato, recita "L'Amour
Toujours"). In questo caso al centro della trama c'è il rapporto tra amore e denaro
e la difficile scelta di una donna indecisa tra la genuinità dei sentimenti e
il materialismo del proprio esistere, costretta a compiacere un uomo che non
ama ma che la mantiene nel lusso.
Il finale non la vedrà immolarsi
eroicamente per il proprio ideale (come era successo per le eroine de La Juive,
che aveva aperto la stagione, pronte ad affrontare il martirio pur di non
abiurare alla religione ebraica) ma sceglierà il pragmatismo: anche per evitare all'amato
lo stigma di una compagna dal passato tanto immorale, sceglierà di volare via, come la
rondine a cui era stata paragonata.
Noi preferiamo accostare al
leggiadro volatile un'altra metafora, quella che la vuole messaggera di
giovinezza, di rinascita, di freschezza primaverile.
Una freschezza che all'anteprima abbiamo
respirato a pieni polmoni, sopra e sotto il palco del Regio.
Franco Travaglio
Sonia Bisceglia